In una intervista rilasciata in data 29.6.2020 alla testata giornalistica “Il Giornale”, l’avvocato Cesare Pozzoli ha analizzato le virtù ed i limiti dello smart working.
Le argomentazioni fornite dell’avvocato Pozzoli si basano su anni di studio e approfondimenti “sul campo” sul tema del lavoro agile, che sono stati fondamentali per comprendere gli stravolgimenti che la repentina diffusione della pandemia ha provocato nel mondo del lavoro.
Lo smart working in Italia è stato praticato in modo residuale sino al 2017, anno in cui con la legge n. 81 è stato avviato un percorso virtuoso per l’attuazione di questo strumento resosi indispensabile in questo momento storico per salvare il lavoro di migliaia di italiani e, soprattutto, garantire il distanziamento sociale e contenere il rischio del contagio.
L’avvocato Pozzoli espone quindi l’evoluzione normativa e giurisprudenziale della disciplina del lavoro agile dalle sue origini sino al recente Decreto Legge del 19 maggio 2020 n. 34 (c.d. “DL Rilancio”), in cui la modalità di lavoro agileviene riconosciuta come un “diritto” per le lavoratrici ed i lavoratori con figli minori di 14 anni.
L’esegesi esposta nell’articolo trascende l’aspetto puramente giuridico: infatti il giuslavorista, dopo aver illustrato i vantaggi derivanti dalla remotizzazione del lavoro (incremento della motivazione del lavoratore, responsabilizzazione del dipendenti, riduzione dei costi di affitto, riscaldamento, manutenzione, pulizia dei locali aziendali; riduzione dell’inquinamento ambientale e acustico, miglioramento della viabilità, miglior alternanza tra vita lavorativa e vita privata) e gli svantaggi dello smart working (riduzione dei rapporti interpersonali tra colleghi e con il datore di lavoro), ha teorizzato la giusta proporzione tra lavoro agile e lavoro “tradizionale” in un’ottica incentrata sull’ottimizzazione della produttività aziendale e della vita lavorativa e privata dei lavoratori.