Con sentenza n. 16795 del 6 agosto 2020, la Suprema Corte di Cassazione ha confermato il principio di diritto secondo cui il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare per iscritto al dipendente licenziato i motivi sottesi al provvedimento espulsivo, ma non è tenuto ad indicare in modo analitico tutte le ragioni di fatto e di diritto su cui si basa il licenziamento: sarà sufficiente che il datore di lavoro indichi la fattispecie di recesso nei suoi elementi essenziali, così che non gli sarà possibile, in caso di impugnazione del licenziamento, invocare una fattispecie totalmente diversa.
I Giudici della Suprema Corte precisano altresì che nella motivazione di un licenziamento impartito per soppressione del posto di lavoro non è necessaria l’indicazione della inutilizzabilità del dipendente in altra posizione lavorativa, trattandosi di un elemento implicito che deve essere provato -eventualmente- in giudizio. Tale principio, precisa la Corte, non contrasta con l’obbligo di specificazione dei motivi contestuale al licenziamento scritto, poiché la funzione della motivazione è quella di essere specifica ed essenziale e di consentire al lavoratore di comprendere le effettive ragioni del recesso.