La Corte di Appello di Milano – Sezione Lavoro, con la sentenza n. 462 del 24.6.2020, ha annullato il licenziamento intimato da una società ad un dipendente in ragione dei pregiudizi di natura organizzativa subiti dal datore di lavoro in conseguenza di reiterate e discontinue assenze per malattia del lavoratore, per violazione dell’art. 2110 c.c., non essendo decorso il periodo di comporto.
Secondo il Collegio, il nocumento all’impresa derivante dall’eccessiva morbilità può determinare un legittimo recesso dal contratto di lavoro ai sensi dell’art. 2110, secondo comma, c.c., allorché le assenze del prestatore superino la soglia del comporto: prima di tale accadimento è da considerarsi fisiologica ogni forma di patimento che l’impresa possa subire dal fatto puramente oggettivo delle assenze per malattia del suo dipendente, senza che possa essere dato rilievo alle modalità di attuazione delle assenze, ai riflessi sulla produzione e sul regolare funzionamento aziendale. La soglia del comporto costituisce, pertanto, l’“unico e sicuro elemento utile a segnare con (presunta) certezza sia l’area della utilità della prestazione del sottoposto, sia quella dei pregiudizi rilevanti ai fini del recesso dal rapporto di lavoro”. Superata tale soglia, la società può recedere dal rapporto ai sensi dell’art. 2110 c.c. senza necessità di addurre alcuna giustificazione oggettiva correlata alla condizione di morbilità.