Intervistato da Il Corriere della Sera, l’avv. Cesare Pozzoli affronta la questione dei lavoratori in quarantena perché positivi al Covid 19, ma asintomatici. In particolare, l’avv. Pozzoli si interroga circa la possibilità per questi ultimi di lavorare in smart working.
Secondo la normativa attuale non sembra sussistere una tale possibilità.
Ed infatti, l’art. 26 del DL n 18/2020, c.d. Cura Italia convertito dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, così come modificato dal DL Rilancio, stabilisce che “il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva … e’ equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto”. Concetto ribadito dall’INPS con il messaggio n. 2584 del 2020 che reca “Indicazioni operative per il riconoscimento della tutela previdenziale della malattia, in attuazione dell’articolo 26 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020, rubricato “Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato”.
L’avv. Pozzoli sottolinea l’impatto che un simile approccio reca, non solo alle imprese, ma anche alle casse dell’INPS ed auspica un intervento del governo in materia, suggerendo la possibilità di fare lavorare in smart working i dipendenti positivi al Covid 19 asintomatici laddove vi sia il loro consenso.
L’intervento dell’avv. Pozzoli è stato ripreso anche da altre testate giornalistiche quali ad esempio Il Fatto Quotidiano e Libero.